Equazione del gusto
di Susanna Cutini – Seby Sorbello – Alex Revelli Sorini
Quella che vi proponiamo è un’idea che abbiamo sviluppato perché ci piacerebbe rendere semplice e condivisibile una formula che codifichi l’essenza del gusto, utile sia per l’operatore del settore food che lo studente di Scienze Gastronomiche.
La domanda di partenza è stata: “quali potrebbero essere gli elementi oggettivi che permettono di codificare il gusto?”. Ecco i termini che siamo riusciti a definire per quella che abbiamo chiamato “Equazione del gusto”.
Il Sapere
È il primo membro dell’equazione; l’elemento di partenza nell’approccio al cibo. Senza sapere non sarebbe possibile individuare i valori culturali e nutrizionali di un alimento, senza sapere, parole come territorio, stagionalità, biodiversità o sostenibilità non avrebbero alcun significato.
Senza sapere non si potrebbe comprendere quale sia l’esatta applicazione e trasformazione degli ingredienti nel contesto di una ricetta. Ricordiamo che mangiare è un “atto agricolo”, ultimo anello di una catena che comincia dalla terra.
Il Fare
Sta al “sapere” perché il valore della manualità è da considerarsi un gesto culturale. Utilizzare la tecnica del fare significa applicare varie procedure a un ingrediente per trasformalo dallo stato originario al piatto finito. È solo con la capacità del fare che possiamo rispettare un alimento al punto di ed elevarne all’ennesima potenza profumi, aromi e qualità organolettiche.
La tecnica, nelle sue infinite variabili, non riguarda solo la cottura: è un insieme articolato e complesso di processi; anche nelle correnti culinarie del “tutto crudo” e del “senza fuoco” è necessario applicare nozioni di tecnica del fare.
Il Buono
È il termine con il quale comincia il secondo membro della nostra equazione. È il buono, nella sua oggettività e soggettività, che è in grado di generare le emozioni percepite dai nostri 5 sensi.
Mangiare è l’atto più antico e più intimo che si possa immaginare: qualcosa entra dentro di noi, si trasforma e ci trasforma, donandoci benessere già solo per il fatto di essere buono.
Il Bello
È l’ultimo termine dell’equazione. Definire bello un cibo non significa giudicarlo solo per l’aspetto estetico. Il bello è da considerarsi un’esperienza emozionale complessa: è la cura del dettaglio nel servizio, l’armonia dei gesti, il piacere della condivisione delle tradizioni.
Un alimento consumato in un contesto piacevole e soddisfacente ne moltiplica esponenzialmente il valore: un conto è mangiare un buon panino seduti comodamente di fronte a Ponte Vecchio a Firenze, un altro è consumarlo frettolosamente in ufficio.
Il bello non è un privilegio per pochi. Il bello è un’esigenza primaria dell’individuo e della società. Il bello è naturale, ma bisogna coltivarlo e saperlo riconoscere, dunque è anche cultura. Il bello rende le cose più piacevoli e più buone.
Risultato finale
Perché il gusto diventi una “esperienza”, riconducibile sia al cibo di strada che a piatti gourmet, i diversi termini dovranno essere proporzionalmente integrati tra loro. Un solo elemento, seppur di altissimo valore, non può offrire un risultato straordinario.